IMMIGRATI AFRICANI DI UN CERTO LIVELLO

In una notte del 1951 a New York venne arrestato Thelonious Sphere Monk, il grande jazzista afroamericano: lo avevano beccato in macchina con il bagagliaio pieno di marijuana. Hai voglia spiegare che la macchina non era sua ma dell’amico al volante, e che a lui la marijuana non serviva, il carnevale ce l’aveva nel cervello dalla mattina alla sera e pure gratis.

Gli levarono il permesso di suonare – allora in America i musicisti dovevano ottenere un permesso, per poter esibirsi. Lui non parve preoccuparsene. Per sette anni Thelonious si ritirò dalle scene e si chiuse in casa, accudito da una moglie affettuosa come una mamma. Poi, scaduta la condanna, venne costretto dagli impresari a tornare sul palcoscenico. E fu il trionfo.

Si dice che Thelonious fosse matto. In realtà era solo un tipo strambo. Per lo più si limitava nei discorsi. Era capace di tacere per giorni e giorni, ignorando le domande e la presenza altrui. Indossava strani berretti – sempre, anche a letto – e spesso portava una foglia di lattuga all’occhiello della giacca. A volte nelle occasioni meno adatte interrompeva qualsiasi cosa stesse facendo – una cena, un appuntamento importante – per alzarsi e accennare passi da danza.

Fu uno dei più straordinari compositori del Novecento, questo sì, tanto che il Time dedicò a lui nero come il carbone la sua prestigiosa copertina abituata a ritrarre faccioni di visi pallidi. Tuttavia, al nostro questa fama non sembrava interessare granché. Né lo attirava il denaro: l’agiatezza e la gloria non vinsero l’impassibilità. Thelonious, anche da ricco continuava a vivere nel piccolo appartamento di quando non aveva una lira.

Era un originalissimo pianista, otteneva quel suono inconfondibile e vertiginoso con un vizio: quando suonava teneva le dita piatte, tese, senza piegarle. Chiunque abbia preso anche una sola lezione sa che le mani devono stare arcuate sui tasti, come da sempre insegnano le regole che Thelonious non frequentava.

Amato da un pubblico di appassionati in tutto il mondo, Thelonious non amò nessuno tranne se stesso e sua moglie, cui regalò il titolo di una delle sue melodie più dolci. Ma non siamo qua per parlare di musica: spiegare di musica non ha senso, diceva lui stesso in una delle sue rare prolusioni. La musica andrebbe soltanto ballata, o ascoltata. Al massimo suonata, o ricordata.

Al momento di invecchiare, Thelonious scomparve dal mondo. Il suo crepuscolo durò dieci anni. Si segregò nel palazzo di una baronessa europea che ospitava solo grandi artisti morenti. Là dentro, in esilio dietro le verande, Thelonious aspettò il destino nel salone dove  troneggiava il pianoforte. Per tutto quel periodo di attesa, non lo toccò mai.

20 Comments
  1. utente anonimo

    Che bel personaggio ! Me lo vedo a battere il pianforte con le dita dritte … mi ricorda uno degli Aristogatti eh eh eh

  2. utente anonimo

    "… a lui la marijuana non serviva, il carnevale ce l'aveva nel cervello dalla mattina alla sera e pure gratis"

    ROOOOTFL … confuso lei è un grande, quasi quanto Monk (non si monti troppo la testa … mi raccomando)

    Roby

  3. essered

    proprio l'altro giorno stavo ascoltando un paio di suoi pezzi.

  4. zauberei

    Caro Confuso, io so' del partito de Bill. Per me il pianoforte nel jazz è a.B.  e d.B.
    Ti prego ti prego ti prego, fai un bello post anche su Bill.

  5. utente anonimo

    Si, va beh, Buffalo Bill……Pecos Bill !!!!

  6. utente anonimo

    si è messo a scrivere coccodrilli, Sor Confuso?

  7. zauberei

    Evans Confu! Non fare lo gnorri:)

    Ero fuori come una cocuzza pure lui – però più sul versante dell'allegria che gli difettava.

  8. apachel

    è sempre un piacere leggerti secco confuso.-)

  9. utente anonimo

    E' merito loro se ora milioni di persone come la sottoscritta hanno il piacere di degustare il jazz come si degusta un vino rosso fruttato.

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