Il primo incontro con Fatima e Zamira risale a una settimana fa. Il luogo è un take away turco sulla circonvallazione esterna della cadente metropoli sudeuropea in cui vivo.
Me ne sto lì appollaiato su uno sgabello a leggere il giornale, pranzando e pensando in mesta solitudine, quando all’improvviso, Fatima e Zamira entrano e senza chiedermi nemmeno il permesso si mettono a tavola con me. Iniziano a camminare sulle verdurine del mio piatto e a mangiarsele. Allora io mi lamento con il gestore del locale:
– Ehi! Chi sono queste due?
– Come chi sono? Sono Fatima e Zamira.
– Sì ma cosa ci fanno nel mio piatto?
– Ma la smetta, cosa vuole, sono solo mosche.
E ride. Ci mancavano le mosche. Finisco in fretta, con ‘ste due sceme che, imperterrite, si rifocillano a mie spese e s’abbeverano alla mia acqua. Ma vaffanculo, penso io. A fine pasto, Fatima mi vola in testa, Zamira si pulisce le zampe nella mia camicia.
Basta, me ne vado.
Ma non finisce qui. Devono essersi introdotte nell’abitacolo della mia auto, o forse l’hanno pedinata dall’alto, fino a casa mia. Mi seguono ovunque.
Adesso è trascorsa una settimana: Fatima e Zamira vivono da me, benché io non le abbia invitate.
La mia coinquilina dice che non possono essere le stesse mosche del take away, sostiene che queste siano altre due. Ma io non le credo. Secondo me sono Fatima e Zamira, e comunque io le chiamo così. Stanno benissimo, sono robuste e in salute. Non fanno un accidente tutto il giorno, la mattina dormono fino a mezzodì ma quando la sera preparo la cena, loro sono sveglie e arzille e mi volano nelle minestre.
Ieri sera viene a casa mia un po’ di gente. Un ospite mi chiede cosa ci fanno delle mosche in cucina. Io cerco di giustificarmi:
– Si, ci sono due mosche. Le ho adottate una settimana fa. Prima vivevano in un take away turco. Si chiamano Fatima e Zamira.
– Però che schifo.
– Guarda che la mia casa è pulitissima
– Perché non le ammazzi?
– Sono immortali: ieri notte le ho inondate di Raid, hanno simulato di essere defunte, a pancia in su. Poi Zamira ha tirato un rutto, si è voltata sul dorso ed è tornata a volare. E Fatima l’ha seguita.
– Dai, non puoi vivere con le mosche in casa.
– Che devo fare? C’è chi ha il gatto, chi il cane, il criceto: io ho due mosche.
– Ma non sono mica animali domestici!
A questo punto l’ospite comincia a inseguire Fatima e Zamira con un asciugamano: glielo lancia addosso a mo’ di fionda. Come unico risultato ottiene il rovesciamento della brocca di sangria sul pavimento. Io mi arrabbio, l’ospite continua la sua caccia, ma Fatima e Zamira sono in gran forma, schivano i suoi colpi, anzi lo sfottono ronzandogli in faccia insulti in quella che temo sia la loro lingua.
Poi svaniscono nel nulla. L’ospite, impettito, è convinto di averle viste scappare dalla finestra, e se ne attribuisce il merito. Mi sembra strano ma non oso contraddirlo, e lo ringrazio.
Più tardi gli amici se ne vanno, ed io nel silenzio delle tre di notte sparecchio e lavo i bicchieri. “Vabbe’, almeno non ho più quelle due rompicoglioni in casa”, penso tra me. Proprio in quel preciso momento, le due aviatrici sbucano da un pensile planadomi in pieno viso.