Sui non buoni rapporti fra Schopenhauer e la sua vicina di pianerottolo
Il mio vicino di casa del piano di sopra, persona per nulla silenziosa, mi fa pensare a Schopenhauer.
Perché? Mica gli assomiglia. Tutt’altro.
Per spiegarlo, ricomincio a prendere appunti qua sopra, rievocando un episodio cruento, accaduto davvero, ma molto, molto tempo fa.
Il signore qui ritratto è appunto Arthur Schopenhauer, e quando scriveva, detestava essere disturbato. Il geniale filosofo dell’ascetismo era, nel privato, un signore scorbutico, misantropo, e perciò scapolo, propenso alla lite nelle (rare) occasioni sociali cui si degnava di partecipare. Ma era a suo agio nel trascorrere intere giornate da solo, a scrivere in casa in santa pace, nel silenzio più perfetto, senza dover domandare a inesistenti familiari di stare zitti o di abbassare il volume del televisore.
E tuttavia, anche in tale solitaria condizione, non sempre Schopenhauer, odiatore dei suoni emessi dal prossimo suo, riusciva a trovar pace fra le carte.
Ora, proviamo a immaginare la situazione. Siamo a Francoforte, Germania, in un imprecisato giorno della prima metà dell’Ottocento, all’interno di uno stabile (questo?). Per la precisione, siamo nel salotto di Schopenhauer, con lui presente, di spalle.
Il padrone di casa è, come spesso gli accade, solo, seduto al tavolino. Il salotto gli serve anche da studio. Particolare importante: una delle porte di questo ambiente è quella principale, d’ingresso, e quindi dà sul pianerottolo e sulle scale del condominio.
Schopenhauer è dunque assiso allo scrittoio. Se ne sta lì, con le sue straordinarie basette bianche e irsute, la penna in mano, lo sguardo perdutamente (e giustamente?) incazzato verso il foglio bianco, il pensiero (altrettanto incazzato) rivolto contro la volontà dell’universo nel perseverare a esistere e divenire.
Lo scrittore filosofo forse cerca l’ispirazione per un nuovo saggio. Ma qualcosa non va. Qualcosa lo distrae, gli impedisce la concentrazione. È un rumore, un mormorio. Cos’è? Da dove arriva? Ah sì, ecco. Proprio davanti alla porta del suo appartamento, sul ballatoio, qualcuno sta conversando.
Cambio dell’inquadratura; ora siamo fuori dall’appartamento di Schopenhauer: una signora, una condomina in età, sta chiacchierando con una conoscente, un’amica o una parente venuta a visitarla e ora sul punto di accomiatarsi. Ma i saluti durano più del previsto, e anche sull’uscio le due si ostinano a parlare del più e del meno, peraltro a voce abbastanza alta. Non è la prima volta che accade. Schopenhauer ricorda di essersi già lamentato della vicina poco silenziosa con l’amministratore di condominio, senza risultato.
Torniamo all’interno di casa Schopenhauer: lui, l’uomo più misogino, più colto e più manesco del caseggiato freme, ma rimane seduto, senza protestare, senza bussare sul muro. Non intende esibirsi nella solita piazzata del filosofo maleducato e rompiballe. Tra sé e sé, pensa delle parolacce, ma prova ancora a scrivere qualcosa sul foglio, nella speranza che la conversazione là fuori finisca presto e lui possa riprendere il filo della riflessione.
Eppure i convenevoli tra le due non sembrano intenzionati a terminare, anzi, il cicaleccio prosegue inarrestabile e vano ancora un bel po’.
Così, a un certo punto, Schopenhauer non ce la fa più. Furibondo, scatta dalla sedia, afferra la maniglia, si fionda sul ballatoio e, senza salutare, senza aprir bocca, scaraventa la disturbatrice giù per due rampe di scale.
L’altra signora lo guarda terrorizzata mentre lui rientra in casa sbattendo la porta. In basso, molti gradini più in basso, la vicina guaisce ferita e chiama soccorsi. Che però sono in ritardo.
Epilogo. La signora finisce all’ospedale. Poi, quando esce, denuncia Schopenhauer, che perde la causa ed è costretto a un risarcimento mensile per vent’anni, fino alla morte della vecchia.
Per questo, ogni volta che sento gli urletti molesti del mio vicino di casa che gioca alla playstation, tifa l’Inter guardando Sky o sgrida la moglie, penso a Schopenhauer.
simona
Pensiamolo.
confuso
Ma sì, dai.
Fracatz
che nobile intelletto, così lontano dalle cervici del nostro amato generoso immaginifico bobbolo
confuso
Parole sante!
Anna
Mia zia, signorina, che viveva in un tranquillo (si fa per dire) condominio di insegnanti, raccontava spesso di un condomino che si lamentava del fatto che il signore del piano di sopra, quando rientrava a casa, lasciava rumorosamente cadere per terra prima una scarpa e poi l’altra. I lamenti con l’amministratore si sprecavano e non sortivano alcun effetto. Finché una sera il signore del piano di sopra è rientrato, ha fatto cadere una scarpa… e basta. Quello del piano di sotto non ha dormito tutta la notte, in disperata attesa della seconda scarpa. E quindi la sera dopo, quando trepidante ha sentito cadere la prima scarpa e poi anche la seconda, ha benedetto il signore del piano di sopra e non si è più lamentato!
Poterlo dire a Schopenhauer, magari lo avrebbe ispirato…
confuso
Storia bellissima, quasi un thriller in 600 battute. Grazie.
firmato ckf
non era poi così vecchia, se la maledetta ha perdurato, insistendo nell’esistere, a disturbarlo per altri 20 anni!
confuso
Obit anus, abit onus, caro lei.
Sungamix
Invece dovresti pensare alla povera vicina che soffre sul pianerottolo. E se tifa Inter il tuo vicino soffre lui, come me.
Alexandra
Mi piacciono molto le storie di vita dei filosofi, perché riconducono le vette metafisiche a interessanti concretezze. Di Schopenhauer mi piace la storia della sua intesa con i suoi cani, il can barbone dal nome Atma, che lui diceva fosse in grado di capirlo assai più degli umani. Di Hegel invece mi piace molto l’episodio della sua fuga da Jena quando arrivarono le truppe francesi, proprio mentre era intento a scrivere La fenomenologia dello Spirito. A tal proposito mi sono divertita a rievocare fantasticamente il frangente in uno scritto intitolato “Il filosofo fa le valigie” in cui mi delizia l’idea che il filosofo della Storia scappi proprio quando la Storia gli si presenta alla porta.
loxmetender
Schopenhauer uno di noi
confuso
E uno di noi è schopenhauer! (non io, ohimè)
Simone
Qual è la frase in latino che schopenhauer scrisse alla morte della signora?
confuso
Giusto, mi ero dimenticato di dirlo, è un verso geniale. Una ventina d’anni dopo l’incidente, quando la signora defunse, il perfido Schopenhauer registrò l’evento sul suo registro dei conti con un gioco di parole in latino: “Obit anus, abit onus” (Muore la vecchia, finisce il debito).
Diciassette
Aneddoto interessante, che mi conferma nella fortunata scelta di non vivere in condominio.
A questo proposito, dal basso della mia ignoranza avanzo un dubbio: della Germania dell’epoca era già diffuso l’istituto del condominio o, come da noi fino al dopoguerra, i palazzi appartenevano a unici proprietari che ne affittavano gli appartamenti?
Ininfluente ai fini del racconto, ma mi ha evocato l’immagine del legionario con l’orologio al polso in un film del ventennio.
Magari invece là era già così..
confuso
Ma sa che non ci avevo pensato? Interessante, chissà chi potrebbe risponderci, ci vorrebbe uno storico, uno studioso, o almeno un discendente di un amministratore condominiale tedesco del XIX secolo.
Una cosa, tuttavia, è certa: nel Ventennio erano in voga pessimi registi…
Diciassette
Ma quindi questo bellissimo blog vive ancora!
Bravo, continui così…
Diciassette
… quanto ai pessimi concordo, ma magari fossero stati tutti registi!
Per la verità anche nel Ventennio più recente erano in voga pessimi soggetti, ancora una volta non tutti registi… bisogna riconoscere che l’italiota medio è fortemente orientato al pessimo.