La traduzione della versione di latino all'esame di maturità
Studenti maturandi del liceo, supertecnologici quanto giovani amici, a me! A tempo di record, ecco la versione dell’esame di latino, di Tacito, già tradotta per l’esame che state facendo proprio stamattina:
“Andiamo, o Tiberio, di corpo, andiamo coi virus, non meriti una dissimulazione: l’idea dell’anima di rigore; il sermone ha il volto intento ai quesiti interni del comitato, e con quei manifesti tergevi dalla defezione. I mutanti delle seppie dal luogo vanno in tandem al promontorio di Messina, alla villa dove L. Loculo quotava un dio. Il liceo si appropinqua ai supremi tali, ma in modo coperto. C’era un medico d’arte insigne, di nome Caricle, a cui non reggeva la valeriana del solito principe, i consigli di tua copia era di bere prima. Il velluto è proprio nei negozi degradati, e per specie in ufficio la mano attinge al polso complesso delle vene. Nessuna farfalla: andiamo, Tiberio, incerto ma offeso, tanto magico all’ira che preme, restaurara i polli giovani e discuti con gli ultrà come al solito, quasi all’onore aventi amici delle tasse.
Il tale Caricle lava lo spirito nell’ulteriore bidone duraturo, Macrone firmava. L’India, congiunta ai colloqui fra le presenze, annunciava sputi legati ed esercizi ai festini. Settima o decima caloria di aprile interclusa, l’anima a credito è mortalità esplosiva; e le multe sono grattate al concorso di capire gli imperi primordiali di G. Cesare, l’ingrediente con serpente afferto a ridere di Tiberio con voce e viso e avvocati qui, alla ricreazione dei difetti nel cibo al ferro. Un pavone arrabbiato in ogni eccetera, al passito disperso, se fischia mesto nel fingere la scia. Cesare in silenzio fisso a somma, spera la nuovissima, ma espettorava. Marco, l’intrepido, opprime il seme iniettato nella multa vestita da giovane e scende alle lime. Sì, Tiberio, finisci l’ottavo e settesimo anno d’estate.”
confuso
Il testo originale, come sapete, è:
“Iam Tiberium corpus, iam vires, nondum dissimulatio deserebat: idem animi rigor; sermone ac vultu intentus quaesita interdum comitate quamvis manifestam defectionem tegebat. Mutatisque saepius locis tandem apud promunturium Miseni consedit in villa cui L. Lucullus quondam dominus. Illic eum adpropinquare supremis tali modo compertum. Erat medicus arte insignis, nomine Charicles, non quidem regere valetudines principis solitus, consilii tamen copiam praebere. Is velut propria ad negotia digrediens et per speciem officii manum complexus pulsum venarum attigit. Neque fefellit: nam Tiberius, incertum an offensus tantoque magis iram premens, instaurari epulas iubet discumbitque ultra solitum, quasi honori abeuntis amici tribueret. Charicles tamen labi spiritum nec ultra biduum duraturum Macroni firmavit. Inde cuncta conloquiis inter praesentis, nuntiis apud legatos et exercitus festinabantur. Septimum decimum kal. Aprilis interclusa anima creditus est mortalitatem explevisse; et multo gratantum concursu ad capienda imperii primordia G. Caesar egrediebatur, cum repente adfertur redire Tiberio vocem ac visus vocarique qui recreandae defectioni cibum adferrent. Pavor hinc in omnis, et ceteri passim dispergi, se quisque maestum aut nescium fingere; Caesar in silentium fixus a summa spe novissima expectabat. Macro intrepidus opprimi senem iniectu multae vestis iubet discedique ab limine. Sic Tiberius finivit octavo et septuagesimo aetatis anno.”