Amicizia fra un drammaturgo ungherese naturalizzato italiano e un celeberrimo etilista ceco (senza la i)

So che questa notizia non scuoterà la coscienze, ma la prefazione di Giorgio Pressburger a Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal mi ha piacevolmente stupito, più del romanzello che la segue. In essa si narra la curiosa amicizia tra i due.

Pressburger incontra il famoso romanziere ceco Hrabal per la prima volta in un ristorante a Roma. Per puro caso vede da lontano il suo idolo, e così decide di vincere la timidezza, di andare a domandargli un autografo. Benché i due non si siano mai visti in vita loro, Hrabal sorprendentemente accoglie lo sconosciuto come un fratello. Lo invita al suo tavolo, gli offre la sedia e pure il pranzo. Si confida con lui, gli domanda come stiano i suoi cari. Pur di spiegarsi in modi comprensibili, prova chiacchierare in tre diverse lingue: dapprima in francese, quindi in un italiano stentato e infine, chissà perché, in russo, di cui il suo interlocutore non capisce un tubo, seppur dissimulando con i gesti e il viso per gentilezza.

Alla fine Pressburger rimane impressionato da tante benevolenze: la cordialità si esprime nella conversazione ma anche nelle pacche sulle spalle, negli abbracci che Hrabal dispensa al suo nuovo amico.

Hrabal si dilunga per ore nel raccontare i fatti suoi. Rapito dalla concitazione dei discorsi e forse anche dal vino (tre bottiglie di rosso più una di amaro) egli non si accorge neppure dell’ora tarda, né dei camerieri che vogliono sparecchiare, pulire e cacciare via questi ultimi clienti tanto allegri.

Pur di permettere la chiusura del locale, Pressburger promette a Hrabal di andare a trovarlo a Praga molto presto, al fine di restituire la cortesia e confermare la neonata e già esuberante amicizia; Hrabal dal canto suo vuole a ogni costo poterlo ospitare a casa propria, e su un foglietto segna indirizzo e numero di telefono del appartamento praghese.

La fraterna amicizia tra Hrabal e Pressburger in realtà finisce quella sera. Due mesi dopo Pressburger va a Praga apposta, pieno di speranze, ma una volta giunto sotto casa dell’amico non riesce manco a ottenere che gli si apra il portone. Hrabal, al citofono, sostiene di non conoscerlo. Non ricorda alcun amico italiano, né il ristorante romano, e comunque non intende esser seccato. Anzi, quando l’ospite poco gradito prova con garbo a sollecitare la memoria, lui si incazza e minaccia di chiamare la polizia. Poi ordina alla servitù di scendere in strada a picchiare il molestatore, o almeno di appostarsi sul balcone per prenderlo a secchiate d’acqua in testa.

C’è poi un terzo incontro fra i due ma le cose vanno ancora peggio. La prefazione termina così, senza che i due abbiano l’opportunità di rivedersi. Poi comincia il romanzo, visionaria storia di colla, mastelli e parole, idealizzata da un grande narratore con il vizio spietato dell’etilismo. Ma la prefazione è meglio.

4 Comments
  1. Donna Lofoten

    io so che aveva il vizio spietato dell’erotismo

  2. Firmato Ckf

    Devo smetterla di bere, non ricordo nemmeno perché sono qui

  3. sercord

    SCUSATE:
    FALSO che l’incontro tra Presburgere e Hrabal sia andato come scrive “confuso” (ma forse scherza…). Il pezzo di Presburger io lo trovo comunque brutto, ma qui è anche questione di gusti.
    FALSO che Hrabal avesse il vizio dell’etilismo. (Tra parentesi, l’etilismo non è un vizio, casomai è un forte disturbo comportamentale o una maattia.)
    Falso anche che avesse il “vizio dell’erotismo”. (E anche quello non è un vizio.)
    Forse un “vizio” lo aveva: quello di scrivere, scrivere e scrivere. E ha rischiato il Nobel.
    Sono stato amico di Hrabal per molti anni fino alla morte e so quel che dico. Scusate il disturbo e grazie.

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