Bio

Sono andato a visitare la fattoria: una fattoria bio, per l’esattezza. L’aggettivo bio, abbreviazione di biologico, si usa sovente di questi tempi, per indicare molte cose, fra cui anche, e nello specifico, l’agricoltura.

Ora, pur non essendo io particolarmente esperto ne di aggettivi, né di biologia né di agricolture bio né di agricolture non bio (e nemmeno di agricolture in generale) posso dire, con un discreto margine di certezza, che le merci dell’agricoltura bio, di norma, sono più saporite di quelli dell’agricoltura non bio. Ma sono anche più rare, e quindi meno economiche. Giacché a quanto pare la produzione di agricoltura bio costa tanti bei soldi all’onesto agricoltore bio, e costui in qualche modo dovrà pure guadagnarci due lire da ‘sta cosa del bio (mica fa il bio per divertirsi o per risultare simpatico ai compratori, ecco), ergo questo spiega i prezzi maggiormente elevati delle cose bio rispetto alle non bio.

E tuttavia, se l’agricoltura è davvero bio, colui che si alimenta con i prodotti di tale agricoltura dovrebbe trarre in qualche modo una rassicurazione circa il modo salutare in cui i prodotti medesimi (ortaggi, pollame et cetera) sono stati realizzati, in quanto l’agricoltore bio, al contrario del suo collega non bio, evita di fare le iniezioni di diserbanti ai cavolfiori, non maltratta gli asparagi, non sevizia le zucchine, non concima la lattuga con le scorie radioattive al plutonio, non vernicia i rapanelli di rosso, e neppure industrializza lo sfruttamento intensivo della cipolla. Insomma è un contadino normale, come quelli della pubblicità.

E dunque sono stato dal contadino bio, nella fattoria bio: mi ha accolto come un amico, un parente. La proverbiale cortesia dei contadini bio. Poi, per tutto il tempo dell’incontro, il contadino bio, si è lamentato con me, suo ospite, che comunque cosi non poteva mica andare avanti, che fare il contadino bio comportava un dispendio di quattrini nonché di energie, e che quasi quasi lui, a malincuore, si arrendeva, e tornava a fare il contadino non bio come tutti gli altri. Oddio no, gli ho detto, per favore no, contadino bio, almeno tu, in questo mondo orribile conserva la tua integrità bio! Ma niente, lui piangeva. Per convincerlo ho dovuto comprargli un bel po’ di roba bio allo spaccio bio della sua fattoria bio. Un salasso. Adesso ho le tasche vuote, la sensazione di aver salvato un contadino bio, e la casa piena di roba bio. Talmente bio che però sta già per marcire.

19 Comments
  1. Non è vero che produrre biologico è costoso, seppur l’esperienza raccontata è molto comune. I costi sono in parte generati dal fatto che, non utilizzando pesticidi, spesso le produzioni non sono “esteticamente” appetibili per il consumatore medio, che non desidera portarsi a casa una lumaca nascosta fra le foglie della verza un po’ qua e là mangiucchiata… oppure comprare una mela dall’aspetto non omogeneo alla quale sia abituati nella conduzione delle nostre vite iperstandardizzate e prevedibili.
    Produrre bio, senza necessità di quelle certificazioni che lasciano il tempo che trovano, è possibile. Ci sono cooperative che producono biologico, e che applicano prezzi accessibili pari a quelli che è possibile verificare nella GDO. Naturalmente il rapporto qualità-prezzo è a tutto vantaggio della cooperativa di ex-carcerati… però bisogna essere “capaci” di sapersi confrontare con la natura, e deve accettarsi che 1/2 della produzione di melanzane non abbia la stessa pezzatura, e che la scorza non abbia un colore omogeneo, e che presenti butteri e altra manifestazioni all’apparenza pestilenziali sulla superficie… Insomma, il contadino piangeva, ma se si fa un paio di conti (avendo clienti meno metropolitani), il risparmio che ricaverebbe è notevole: concimerebbe con materiale organico (che potrebbe smaltire dal suo vicino allevatore, naturalmente concimando almeno 1 mese prima della messa a dimora delle piante) senza comprare fertilizzanti, non utilizzerebbe pesticidi il cui mancato acquisto-costo sosterrebbe l’eventuale mancata produzione… e con le normali procedure di coltivazione avrebbe un raccolto che una clientela più raffinata nel gusto che nell’immagine potrebbe vendere a prezzi accessibili. Altrimenti, il biologico è robetta da snob piccolo e medio borghesi per il lavacro quotidiano dei peccati.
    Quindi, cerca bene… è possibile mangiare buona verdura e frutta a prezzi popolari.
    Inoltre, lasciare marcire il cibo è cosa non buona: si può sempre scottarla e congelarla. La verdura fresca si conserva per pochi giorni, e la spesa deve essere fatta (se si può solo una volta alla settimana) considerando i tempi di conservazione di ciò che si acquista, così da pianificarne il consumo durante il periodo. Se l’occasione ha consentito di acquistarne troppa, si congela, si conserva lessata anche in frigo per più giorni, arrestando il processo di decomposizione che si determina con la respirazione cellulare della verdura e frutta fresca, che dal contadino è fresca per davvero… e non tirata via dalla terra ancora acerba come quella della GDO.
    Aahhh le mamme… Vorrebbero impartire cognizioni… la l’etica si può solo esperire.
    Ad ogni modo, cambia contadino.

    • confuso

      Ma perché, poverino? E’ gentile.

    • Wunderkammer

      Caspita, N.O.I., io non mi fossi spogliata del ruolo di mamma confusa, direi che la chiosa finale del suo commento è per la sottoscritta! 😉
      Per quanto riguarda il resto, non mi esprimo, riporto ancor oggi i traumi degli albori del macrobiotico applicati ad una bambina delle elementari: mentre gli altri, a ricreazione, mangiavano merendine che trasudavano grassi idrogenati… a me toccavano delle barrette di semi che neppure i miei canarini si sarebbero mai sognati di mangiare. Bah!

      P.S.: Signor Confuso, non si senta sciocco, anch’io fui vittima di un contadino bio, e non sono l’unica… 🙂

  2. Franca

    Se la piantassimo di fare i delicati, di volere che alle mele manchi solo la parola, che le foglie di insalata siano già lavate e asciugate da altre mani, se capissimo che stiamo qui un giorno, che bella sarebbe la vita…..

    • Possiamo fare anche due? Sai com’è… non si riesce mai a finire tutto in un sol giorno…
      Ad ogni modo, un verbo che vado diffondendo da 10 e più anni (e che ho sentito pronunciare in posta lunedì dalla cassiera ad una cliente che chiedeva tempo, urra!!) fa così: abbiamo più tempo che vita.
      Quindi, facciamo tre giorni, va… che magari si resuscita.

      • confuso

        sì, facciamo tre giorni, come quel tale

  3. gio

    E’ già tanto trovare il tempo di fare una gita fuori porta… altro che bio e bio, per chi vive in città è impossibile trovare le cosettine del contadino… e visti i costi, forse è meglio cosi!

    • Insomma, dopo che abbiamo a gran voce chiesto di diventare adulti (e adulterati) e quindi tutti operatori di mercato… adesso qui si scrive che se si vive in città non si può più relazionarsi con la campagna? Ma se la città nasce dalla relazione agricola con la campagna? Ahioooo??!! Oppure, pensare che nella profonda provincia le signore annoiate (e disperate) quando fanno la spesa al supermarket si astengano dall’acquistare bustoni di insalata prelavata… Altro che operatori di mercato… appena appena digestori di una qualche fibra grezza ben trattata… siamo.

      • gio

        Ma quindi , caro N.O.I., in termini pratici, senza tanti voli teorici, spiegami come può una famiglia residente in città con due genitori che lavorarano tutto il giorno, quindi non casalinghe annoiate, ma gente che esce di casa alle 7,30 del mattino per rientrarci la sera, acquistare i prodotti del contadino.

  4. firmato Ckf

    ma come fa il pulcino di una fattoria biologica?

    “bio bio”

  5. Rots

    Bio c’è

  6. Nome

    Io ero rimasto a circa 5-6 anni fa. Era splinder? Comunque noto con piacere che il tuo grafico se ne sta ancora in vacanza, buon per lui.

    • confuso

      il mio grafico sono io. la grafica non ti piace?

  7. dogg

    Un “porco bio” me lo concede?

Write a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *