Ristorante ai Malavoglia
Decisione improrogabile: investire buona parte del proprio stipendio in pesci alla griglia. Il prescelto è il ristorante I Malavoglia, specialità cucina siciliana, trovato su Google digitando le parole ristorante, pesce, cucina siciliana.
All’entrata ti aspetteresti l’accoglienza della comare Zuppidda e lo zio Cola col grembiule sporco di pesce: invece c’è un giovane cameriere, azzimato e serissimo, che ti guarda le scarpe da ginnastica come se volesse chiederti “Ma cosa ci fate voi qui, guardate che questo è un ristorante, avete sbagliato porta” Ma non può dirlo. E allora ti fa accomodare. La sala mezza vuota è immersa in un silenzio che nemmeno al cimitero. Per parlare si sussurra, chissà perché. Insieme ai camerieri siamo gli unici italiani presenti, e questo la dice lunga sulle caratteristiche del conto che ci verrà presentato alla fine. Agli altri tavoli solo americani, inglesi, miliardari.
Arriva il proprietario. Per far capire che lui non è un cameriere qualsiasi ha alcuni segni che lo distinguono dalla plebe che serve ai tavoli:
1) non ha la cravatta, anzi veste un po’ stropicciato,
2) è più anziano
3) ha la barba di due giorni e gli occhiali
4) fa il simpatico (cosa che gli altri camerieri, impeccabili, non si permetterebbero mai), infatti
5) si siede al tuo tavolo per spiegare il menù dicendo spiritosaggini – probabilmente sempre le stesse a tutti i tavoli tutti i giorni da dieci anni – con un ostentato accento siciliano. I camerieri invece parlano italiano senza inflessioni, perfetto, gonfio di convenevoli, e quindi comico, lo sanno anche loro. Forse ogni tanto si nascondono in cucina perchè gli viene da ridere.
Ordiniamo. Che la cerimonia abbia inizio. E giù vino, pesci, zuppette di pesci, pescini, pesci in salsa di pesce, pesci alla pescatora, pescetti, pasta e pesci, trionfo di pesce, gelato ai pesci. Tutto sembra buono e molto curato. Però c’è sempre quel non so cosa di cucina creativa che mi fa paura: la mousse di pepe e miele, la marmellata di pomodori, il pesce su letto di spinaci (mi immagino un pesce che dorme male perchè il materasso è imbottito di spinaci), l’emulsione di limone, che fa anche rima… Insomma, non è proprio come mangiare in una trattoria di Agrigento. C’è qualcosa di artefatto, di bugiardo. Un malinteso.
E il malinteso arriva. Infatti ci portano il conto. La stanza trema come l’inquadratura nei film di Brian De Palma al momento dell’omicidio. Un numero enorme campeggia nella casella “Totale”. All’uscita il proprietario sorride come un demonio. Ci saluta stringendoci la mano.
utente anonimo
6 un grande!
utente anonimo
magari lo conosci ma a Milano c’e’ “da salvatore” in viale brianza 35, che e’ davvero buono, siculo verace – andai con un collega siciliano e il saluto fra i due fu un laconico “salutiamo” – e non a peso d’oro.
ci sono tornata l’altro giorno e sono anche simpatici con camerieri ispanici
ciao!
Cuna
Mi sembra che la confusione, questo/a signore/a, se la faccia da solo/a,frequento questo posto da più di vent’anni e non mi ricordo una volta che si sia verificato un’atmosfera come descritta da questo/a utente(altro che grande!).